lunedì 20 febbraio 2012

Il Carnevale in Sardegna

Uno degli obbiettivi che mi sono posta quando ho aperto questo blog era quello di far conoscere la mia meravigliosa isola attraverso racconti di vita quotidiana, di tradizioni (anche culinarie) per chi conosce la Sardegna soltanto in cartolina o la identifica con le variopinte spiagge della Costa Smeralda o delle più rinomate località balneari. Molti non sanno che la Sardegna non è solo questo, è molto, molto di più! La Sardegna esprime nelle sue antichissime tradizioni uno splendore,  una forza e una ricchezza invidiabili per qualunque altro luogo. Uno dei momenti in cui la festa e il rito si esprime con più rigoglio, è appunto il Carnevale, Carnem levare, in altre parole dire addio alla carne, periodo che prepara la comunità festante all’arrivo delle riflessioni e delle penitenze religiose della Quaresima. In questo periodo dell’anno le principali convenzioni sociali e religiose sono sospese o, meglio, rivoltate, in una sorta di licenza collettiva in cui è lecito ciò che non è permesso durante l’intero anno, secondo l’antico motto latino "semel in anno licet insanire" una volta l’anno è lecito uscire da sé. In Sardegna gli appuntamenti dedicati al Carnevale sono numerosi. Fra questi spiccano per bellezza importanza e notorietà le feste tradizionali di Mamoiada, Oristano, Ottana e numerosi altri centri. 


Maschere e Carnevale in Sardegna tra storia e tradizione



Carrasecare o carre ’e segare, il carnevale sardo è forse la festa più sentita in tutta la Sardegna, certamente per la molteplicità dei riti, delle cerimonie, delle maschere la più ricca e varia. Il carnevale sardo è solo superficialmente collegato al calendario liturgico, ma rimanda a epoche molto più remote e lascia intravedere un nucleo mitico, religioso e culturale precristiano e millenario. Culto misterico, maschera, travestimento, pantomima sacra, metamorfosi grottesca, rimandano a culti misterici e religiosi ancestrali. Il carnevale sardo inizia con il 17 gennaio, festa di sant’Antonio Abate e si conclude il mercoledì delle ceneri. In alcune aree il carnevale ha i caratteri delle feste di fine anno legate ai riti agrari e tipiche dei culti misterici mediterranei di morte e rinascita della natura e della terra, dove un re o una regina vengono processati, condannati al rogo e bruciati (re Giorgio a Tempio Pausania, Cancioffali a Cagliari, Maimone in ogliastra). In altri casi si tratta di riti e cerimonie equestri a carattere sacro e propiziatorio, talvolta di origine medioevale e risalenti alla dominazione spagnola (Sartiglia oristanese, Sa carrela ‘e nanti di Santulussurgiu).  

In Barbagia si trovano le forme e cerimonie più arcaiche del carre ’e segare: su Bundu a Orani; Boes e Merdules a Ottana; Mamuthones e Issohadores a Mamoiada, s’Urtzu e su Omadore a Samugheo; sos Thurpos di Orotelli.

Il significato di queste maschere e dei riti ad esse associate è incerto. Una tra le più conosciute di queste maschere, quella del Mamuthones, ha dato luogo a interpretazioni e spiegazioni molto differenti:

- secondo alcuni si tratterebbe di una cerimonia che ricorda la vittoria dei barbaricini sui saraceni - rappresentati dai mamuthones, presi prigionieri e fatti sfilare per festeggiare la vittoria;
- altri ritengono trattarsi di un rito totemico, uomini che si vestono da buoi e si identificano in essi;
- processione rituale di origine nuragica in onore di qualche divinità agricola - pastorale;
- rito di uccisione del vecchio o geronticidio, oppure, ancora regicidio rituale, collegato al ciclo della natura e del suo morire e rinascere.
Secondo Dolores Turchi si tratterebbe di una delle poche tracce rimaste dei culti dionisiaci praticati in tutta l’area del mediterraneo, con cui veniva rappresentata la passione e la morte di Dioniso, dio della natura, dell’estasi che muore fatto a pezzi per poi risorgere. Lo stesso termine "carresegare", con cui viene chiamato il carnevale, ha il significato di "carne da tagliare, da fare a pezzi", e alluderebbe a quel momento del rito dionisiaco in cui la vittima veniva sbranata viva, in ricordo del sacrificio del dio.
Per la studiosa anche i termini "mamuthone" e "maimone", così diffusi nel carnevale sardo, risalirebbero ai culti dionisiaci in quanto deriverebbero dai termini greci "maimatto" e "mainoles", che significano "pazzo", "furioso", "tempestoso" , epiteti di Dioniso.


Carnevale di Mamoiada

Mamoiada, centro nella Barbagia di Ollolai, conserva l'arcaico rituale dei Mamuthones e degli Issohadores. Se non è possibile, oggi, definirne con certezza le origini, lo sviluppo di tale mascheramento appare evidente in Europa nel Basso Medioevo, e il suo radicamento in epoche e contesti precristiani. A Mamoiada questa tradizione continua a mostrarsi, pur nelle varianti richieste dal continuo mutamento della storia. La struttura del rituale conserva ancora un fascino antico e misterioso, condiviso con i mascheramenti invernali delle popolazioni montanare europee e mediterranee, particolare nella serietà e forza delle nere maschere lignee, nel suono e nel ritmo di danza e campanacci, nel colore e nelle funi di giunco degli Issohadores.Il rituale é sopravvissuto nonostante l'incessante tentativo, comune a tutti i consimili mascheramenti europei, di eliminazioni o modifiche da parte delle autorità religiose e politiche succedutisi nei secoli (o, chissà, nei millenni). Esso si pone come vera e propria tecnica magica atta a intervenire, nel passaggio da inverno a primavera, sulle forze produttive della terra; forza e specificità sono tali da produrre un forte senso di identità: ciò deve aver costituito, a lungo, motivo di insicurezza e pericolo per tutti i propositi di controllo e dominio delle popolazioni sarde, in particolare quelle delle zone interne e montanare, più conservative e resistenziali. Le complesse radici però si comprendono meglio nelle vaste e consimili attestazioni europee: dal mar Egeo alla penisola iberica, dalle Alpi ai Balcani alla Scandinavia, le genti della montagna o pedemontane invitano con vestiti di pelle, maschere e campanacci, le forze della terra e degli antenati, esorcizzando quelle del male, a propiziare fra la fine di dicembre e i primi giorni di febbraio prosperità e ricchezza ai propri figli. L'ampiezza di tale diffusione tipologica esclude per Mamuthones e Issohadores ogni interpretazione legata a precisi fatti storici, che perciò non ha alcun fondamento, nè coincide con la diffusione di culti legati a divinità particolari, che perciò non costituiscono una credibile spiegazione alla nostra 'processione'. 
I Mamuthones , con visera lignea nera (maschera facciale) fermata da un fazzoletto scuro, mastruca nera (pelle di pecora senza maniche) e garriga (gruppo di campanacci), si dispongono incolonnati su due file, creando uno spazio all'interno. Una fila procede a piccoli passi, andando avanti col piede sinistro, retrocedendo col piede destro; la fila opposta, avanza col piede destro e retrocede col sinistro. Entrambe le colonne modificano il passo di danza con una variante di tre piccoli passi eseguiti più velocemente.




Gli Issohadores , con un corpetto rosso e pantaloni bianchi, panno frangiato, cintura di piccoli sonagli, lungo laccio ( soha ) e cappello nero ad ampia falda, si dispongono all'esterno, davanti, al centro e dietro, lasciando solo a uno il compito di coordinamento e di guida. La funzione esteriore appare quella di garantire lo svolgimento del rituale e di catturare prede, oggi prevalentemente femminili, con la soha . quasi a riaffermare e riproporre le modalità dell'azione che ha portato al dominio del gruppo che controllano.


Un video dell'esibizione:


Ho avuto la possibilità di vedere diverse volte il carnevale di Mamoiada e assicuro che l'impressione e il timore che incutono le maschere di persona è molto più intensa che in video, nonostante noi li vediamo da tanti anni e conosciamo benissimo la storia, e, soprattutto, sappiamo bene che sotto ci sono esserei umani tali e quali a noi! Molto suggestivo! 

Il carnevale di Ottana

E' uno dei più caratteristici e interessanti dell'aria del Mediterraneo. Non è chiara l'origine e il significato delle maschere, sicuramente sono state tramandate nei secoli e rappresentano un rito plurimillenario. Nelle maschere dei Merdules sono evidenti le traccie degli antichi culti del Mediterraneo arcaico in cui risulta radicato il culto della fertilità. Con il nome "Merdules" si indicano, in generale, tutte le maschere ottanesi. Il "Merdules" vero e proprio porta una maschera umana il nome (è solo un ipotesi) si suppone che abbia origine nuragica: mere=padrone, ule=bue; quindi padrone del bue. "Sos Boes" portano la maschera taurina che rappresenta decori e ornamenti realizzati con lo scalpello e il coltello; la figura del toro, antica divinità punico-nuragica, simbolo di forza vitale è sempre nella civiltà dell'interno bacino mediterraneo, su boe rappresenta l'animale che si ribella al padrone: inizialmente il suo passo cadenzato dà un particolare ritmo ai campanacci ma poi crea scompiglio tra la gente e si scaglia contro il merdule, suo padrone e domatore, che con il bastone "su mazzoccu" o una frusta do cuoio "sa soca", cerca di riportare l'ordine. Sia i boes che i merdules vestono pelli di pecora integre di vello e portano in viso maschere di legno fatte di pero selvatico dette "carazzas" (cara, in sardo, significa viso). I boes portano sulle spalle un fitto grappolo di campanacci detti "sas sonazzas" o "su erru", i merdules a differenza dei boes, non portano campanacci.
Esiste anche una figura femminile "sa filonzana" che rappresenta una donna triste che fila la lana col fuso.

































Il Carnevale che con le sue maschere per tre giorni impazza per le vie del paese, a partire dalla domenica di quinquagesima, fino al martedì che precede il mercoledì delle ceneri, inizia in realtà la sera del 16 gennaio, festa di Sant’Antonio Abate, quando, dopo la funzione religiosa che termina con la benedizione del falò (su Ogulone) in piazza, le maschere fanno la loro prima uscita e si radunano intorno al fuoco.
È in questa occasione che il sacerdote consegna “S’Affuente”, un piatto di rame lavorato a sbalzo con motivi decorativi e una scritta in caratteri alemanni (si presume di origine celtica), utilizzato anche durante i riti della Settimana Santa (lavanda dei piedi e per mettere i chiodi che vengono tolti al Cristo il venerdì Santo durante la cerimonia de “S’iscravamentu”, deposizione dalla Croce). 
Il piatto diventa uno strumento musicale che percosso verticalmente con una grossa chiave dà il ritmo al ballo tipico di Ottana, l’antico “Ballu de S’Affuente”. 
Altri strumenti musicali sono “s’òrriu”, un cilindro di sughero con la parte superiore ricoperta da un pezzo di pelle di animale dal quale pende una correggia che, intrisa di pece e fatta scorrere all’interno con la mano, produce un suono roco e prolungato che spaventa le bestie e disarciona i cavalieri; “su pipiolu”, uno zufolo realizzato con canna palustre.
Un altro aspetto significativo della tradizione del carnevale è costituto da alcune specialità alimentari tipiche, quali “sas gatzas” di cui si è già parlato; “sas savadas” (dolce di formaggio filante ricoperto di pasta, fritto nell’olio bollente e servito con il miele e/o con lo zucchero); “sa pasta violada” (dolce di pasta lavorata con lo strutto, fritta nell’olio bollente), “sas origliettas” (dolce di pasta sottilissima tagliata a striscioline, fritto nell’olio bollente e condito con il miele.
Inoltre, “sos culurzones” (ravioli) di formaggio e/o di ricotta, “sa galadina” (gelatina di carne di maiale) e ancora salsicce, prosciutto, pane “carasau”, formaggio e vino locale.

Le foto di qui sopra sono fatte tutte da me ieri a Ottana, bellissima giornata in un paese molto bello, una sfilata di maschere molto suggestiva. Abbiamo mangiato e bevuto a volontà tutto il giorno e dopo la sfilata ci hanno offerto in piazza zeppole, altri dolci "sa pasta violada", molto buoni, ottime le sevadas (come le chiamano qui!) e tanto tanto buon vino Cannonau! Attrus annusu mellusu!

Carnevale di Orani


Un carnevale che si riallaccia ad antiche credenze contadine per mezzo della figura de "Su Bundu", creatura metà umana e metà bovina con indosso abiti semplici: cappotto largo e lungo, camicia, pantaloni di velluto e i gambali di cuoio. 





Carnevale di Samugheo


Un ritorno agli antichi riti pagani attraverso le figure dei Mamutzones, de s'Urtzu, de su 'Omadore e de su Traga Cortgius. Maschere che danzano simulando il combattimento delle capre in amore. 

I protagonisti principali del carnevale di Samugheo sono: Su Mamutzone, maschera muta col volto annerito dal sughero bruciato che, sopra un abito di fustagno nero, indossa una casacca di pelli di capra senza maniche, con una cintura da cui pendono diverse file di sonagli ("campaneddas e trinitos"); s'Urtzu, la vittima della rappresentazione, indossa un completo di pelle di caprone nero, pelli di capretto sul petto ed un unico pesante campanaccio come la capra che guida del gregge; s'Omadore, il pastore, con un lungo pastrano nero e il viso coperto di fuliggine, tiene "sa soga" (la fune), un bastone, una zucca contenente vino e il pungolo; su Traga Cortgius, personaggio che trasporta pelli bovine secche e rappresenta un presagio di morte.




Carnevale di Santu Lussurgiu

Una spericolata e scenografica corsa a pariglie nel centro storico del paese in una strada sterrata in terra battuta, caratterizza il carnevale lussurgese. Una tradizione antica risalente ai tempi dei Giudici di Arborea e dei viceré spagnoli. 
Il Carnevale di Santu Lussurgiu è caratterizzato dalla corsa a pariglie detta "Sa Carrela 'e nanti" ("strada che si trova davanti": la corsa ha preso il nome della via dove tradizionalmente si svolge l'evento, un tempo strada principale, oggi via Roma). Tra le più spericolate e spettacolari dell'isola, la corsa dei cavalli di Santu Lussurgiu chiama intorno a sé l'intera comunità: non vi è solo lo spettacolo offerto dalle audaci acrobazie equestri, ma anche la partecipazione della folla che in massa si apre un attimo prima dell'arrivo dei cavalli in corsa per richiudersi subito dopo il loro passaggio.



Carnevale di Oniferi

A Oniferi, centro di origine medioevale alle pendici del Gennargentu, i protagonisti del Carnevale, che inizia il 16 gennaio, sono sos Maimones, maschere tipiche che si rifanno al culto dionisiaco. 
La maschera tipica del Carnevale di Oniferi, Su Maimone, scomparsa alla fine degli anni '50 del Novecento, è stata recuperata solo da una decina d'anni, grazie alla tradizione orale tramandata dagli anziani del paese e all'apporto di alcuni studi. 
Il termine Maimone deriverebbe dal greco mainomai, sono posseduto, e più in particolare dall'epiteto del Dio Dioniso, Mainoles, il pazzo, il furioso, e viene impiegato, assieme al termine Mamuthone, che presenta la stessa radice, in diversi paesi della Barbagia proprio per indicare le maschere che, rifacendosi al culto dionisiaco, impersonano i seguaci del Dio o il Dio stesso, simbolo di ebbrezza ed estasi.

Carnevale di Olzai

Il carnevale di Olzai ha la particolarità di proseguire oltre la tradizionale data di chiusura delle manifestazioni carnascialesche: i festeggiamenti si protraggono, infatti, fino alla domenica successiva. Dalla domenica di carnevale fino al mercoledì delle Ceneri e poi anche la domenica della Pentolaccia, le strade del paese vengono percorse da vivaci sfilate di maschere.
Come la maggior parte dei carnevali sardi, anche il carnevale di Olzai affonda le sue origini nelle più antiche tradizioni agro-pastorali. Le sue maschere e i suoi rituali tramandano fino ai nostri giorni l'atavica lotta dell'uomo con la natura per la produttività dei campi e per la sopravvivenza degli animali e delle proprie famiglie. 
I riti del carnevale ripropongono le paure del remoto passato e l'ansia di allontanare il male, in particolare la carestia.

Ci sarebbe da parlare della Sartiglia, ma è una cosa talmente particolare e diversa dagli altri carnevali che merita un post tutto suo. Domani vi parteciperò, farò delle foto e poi scriverò un bel post apposito.
Vorrei segnalare inoltre dei siti da cui è possibile attingere ulteriori informazioni:
su tutti i carnevali in Sardegna: 


Molto interessanti!!!!
....A domani!!!

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